Euro Pozzi: Lettera Aperta ai Colleghi

“Omicidio colposo”. Ovvero con il mio comportamento avrei inconsapevolmente causato la morte di un essere umano. Inimmaginabile, eppure questa è la sentenza. Chiunque in un momento fatale della propria vita può incorrere in un evento simile: un automobilista, uno sportivo, un insegnante, un datore di lavoro, persino un genitore distratto! Si tratta, proprio per la non-volontarietà dell’atto, di una sentenza che tocca nel profondo l’equilibrio di una persona, perché va direttamente ad impattare nella propria percezione della quotidianità, ovvero scardina l’insieme di automatismi e di precarie certezze che sono il patrimonio invisibile con cui riusciamo, nonostante tutto, ad inoltrarci in una nuova giornata.
Si tratta di una condanna profondamente umiliante perché in essa si afferma che non eri consapevole di quello che facevi, delle conseguenze delle tue azioni, della qualità dei tuoi pensieri, del valore delle tue decisioni. Umiliante, perché altri hanno stabilito con certezza, mi auguro in buona fede e ben consapevoli delle conseguenze delle loro valutazioni, che l’evento occorso era invece prevedibile e pertanto evitabile. Debbo aggiungere che per un medico, che ha organizzato il proprio lavoro e la propria vita con il semplice, ma anche un po’ tracotante, intento di essere di aiuto alle persone quando si trovano in condizioni di malattia e di sofferenza, questo tipo di reato è, se fosse possibile un’improbabile graduazione dell’umiliazione, particolarmente umiliante.
E’ ormai evidente a ciascun medico che ci troviamo quotidianamente esposti, e lo saremo sempre più, all’accusa di avere sbagliato, ad essere rinviati a giudizio e infine, per fortuna è raro, ad essere condannati. Probabilmente è inevitabile: i nostri pazienti ci consegnano fiduciosi la loro salute e il nostro lavoro comporta scelte che avvengono su un terreno estremamente scivoloso in cui si può, si deve e di solito si riesce a fare bene, ma si può anche fare male, ovvero cagionare un danno, l’invalidità, la morte del paziente o nel mio caso, come hanno sentenziato i Giudici, persino la morte di terzi.

La trafila processuale è sempre lunga ed estenuante e le conseguenze sul piano personale possono essere terribilmente destabilizzanti, molti colleghi purtroppo lo hanno già vissuto. Personalmente ho avuto anche una fortuna: sentire quanto sia importante la riconoscenza dei pazienti, l’affetto dei colleghi, la stima dei propri responsabili.
Ringrazio il Presidente dell’Ordine, Dott. Pizza, per la fermezza delle sue parole; la Direzione dell’AUSL e del Dipartimento di Salute Mentale per la confermata fiducia; il Presidente della Società Italiana di Psichiatria per avere ribadito, senza ombra di equivoco, i princìpi di una buona legge che dà dignità medica alla nostra professione. Infine ringrazio tutti i colleghi che, veramente in tanti (oltre 230!), hanno sottoscritto un documento di affettuosa e preoccupata solidarietà.
Solidarietà e vicinanza sono le risorse con cui proseguire e che mi consentono di sperare che quanto mi è occorso non si riduca al malaugurato segno di una sorte insensata, ma divenga una possibilità da cui costruire qualcosa.

Ho imparato quanto sia necessario in queste situazioni non essere lasciati soli e per questo propongo di dar vita, presso l’Ordine dei Medici, ad un punto d’ascolto rivolto a tutti i colleghi che, trovandosi coinvolti in vicende giudiziarie per colpa professionale, sentano la necessità di un supporto.
Ancora grazie Euro Pozzi
Bologna, 5/12/2007

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